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Intervista di Loris Zecchin “solar ipse”

LUCA COLLIVASONE

Sfugge alle usuali classificazioni il lavoro di Luca Collivasone. Anche perché lo strumento che suona è una cosa di sua invenzione, ottenuta da una vecchia macchina da cucire Singer degli anni 40 a cui ha aggiunto diverse componenti e che continua ad elaborare nel tempo. L’intervista per conoscerlo e per capire quale sia la sua mission,

Come entra la musica nella tua vita? Sei stato invitato in giovane età a suonare uno strumento? Oppure è stato un tuo desiderio, una necessità che a un certo punto hai sentito squillare nella testa?
Mi ricordo benissimo, ero molto piccolo e con mio nonno ero alla Upim qui a Pavia una sorta di centro commerciale ante litteram , teneva anche dischi e ascoltai sul piatto che girava “Crocodile Rock” di Elton John. Ne fui colpito e mio nonno me lo compro’, diventavo matto per il refrain in falsetto, questo fu davvero il mio ingresso nel mondo della musica perché’ da li in avanti desideravo ascoltare tutto quello che magicamente usciva da quegli oggetti rotondi.  Un giorno i miei zii mi regalarono una chitarra, di quelle piccoline per bambini, avevo circa 9 anni,non mi sembrava vero, mi sembrava una cosa bellissima, non l’avevo chiesta ma arrivo’ magicamente in casa, mi chiudevo in bagno, mi vergognavo tantissimo, e cercavo di capire come si suonasse, usavo una sola corda finché’ mia mamma capendo che mi ero veramente appassionato  decise di farmi prendere qualche lezione in un negozio di musica qui a Pavia.

Qual’è stata poi l’evoluzione negli anni? Sei finito a suonare in qualche band?
“Cadendo” in eta appropriata per metter su una band, proprio nel periodo punk/new wave ho fondato con i mie amici gli Aus Decline, loro sono la mia primissima band… Non tutti eravamo maggiorenni ma si scappava  assieme per poter suonare e andare ai concerti. Una volta sciolti gli Aus Decline, circa nell’85, mi son dedicato allo studio un po più serio della teoria musicale , arrangiamento e composizione e anche allo studio di tutto quel software per produzione musicale  che veniva prodotto negli anni 90  e che migliorava qualitativamente a vista d’occhio. Non ho fatto attivita’ live per molto tempo e  da solo mi son dedicato molto a comporre, parte del mio materiale è stato utilizzato per documentari, pubblicità’ etc. Successivamente a questo periodo di “clausura”, direi inizi 2000, ho sentito il desiderio di tornare a suonare con amici e formare una band per riprendere l’attività’ live, ne sentivo il bisogno e cosi a seguire nascono una serie di progetti e collaborazioni: Stiletto, Masked Marvels, Maciste, Iarballe e, ultima band tutt’ora attiva, i Lovexpress (è in uscita il secondo album) oltre alla band attualmente continuo avidamente la mia ricerca in campo sperimentale come solista e collaboro con altri artisti nel momento in cui intravvedo obbiettivi e idee stimolanti.

Ti ho scoperto con “Vostra Signora Del Rumore Rosa”, un disco nel quale suoni il cacophonator, un generatore di suoni da te assemblato partendo da una macchina da cucire Singer degli anni ’40…ci dici come arrivi a metter insieme questa cosa?
Mi piace gironzolare tra i robivecchi, mercatini etc.. un giorno presso un capannone di un tipo che svuota soffitte etc ho visto una serie di macchine da cucire con annesso mobiletto, quelle azionate a pedivella, anni 50 se non piu vecchie, mi son soffermato su tutto il meccanismo di tiranti e pulegge che le attivava e subito ho pensato agli intonarumori dei futuristi, ne ho portata a casa una e via via disassemblandola mi ritrovavo a scoprire meccanismi e annessi rumori, non son partito con un progetto ben chiaro in testa ma ogni tanto scendevo in cantina e ci lavoravo, volevo vedere se ne usciva una sorta di console per suoni concreti ma il progetto nasceva da se sfruttando spazio disponibile e reciclando quello che gia era li disponibile nella macchina e aggiungendone altro, senza accorgermene dopo qualche mese la macchina aveva già un bel arsenale di suoni . A quel punto volevo registrare e capire, ed e’ stato li che ho dovuto ingegnarmi con vari microfoni a contatto e piezo per catturare  ogni singolo suono. Poi visto la natura del progetto ho scelto il nome: cacophonator e via via, ancora oggi, si implementa ogni qual volta mi salta in mente qualcosa, al momento sto annettendo ad essa e sperimentando coi nastri magnetici delle musicassette.

E’ curioso che tu abbia voluto dare alla tua macchina il nome di cacophonator…uno si aspetterebbe una selva impazzita di suoni urticanti e senza requie e invece, all’ascolto, si rivela essere ben altro. Ascoltando  “Vostra Signora del Rumore Rosa” ci ho sentito un’affinità con certe cose di Anne Gillis e più in generale con lo spirito anarcoide dei giri tape network degli anni ’80, approssimativi e amatoriali fin che si vuole ma generosi nell’assecondare la creatività, “il gesto” …Quanto tempo ci hai messo per comporre l’album? Quanto materiale hai lasciato fuori?
Il nome cacophonator è stato scelto perché i primi suoni erano (e lo sono tuttora, in quanto ancora presenti nell’arsenale)  molto “industriali” , cacofonici appunto, molto metallo, cinghie che strusciano, catene, ingranaggi  etc. il primo disco al cacophonator intitolato “Cacophonorgy” e’ in effetti più aggressivo e appunto rumorista rispetto al secondo “vostra signora del rumore rosa”.
Siccome sono alla continua ricerca e adoro manipolare il suono, dopo il primo impatto “rumorista” , e’ stata come una sfida da cogliere al volo quella di riuscire a piegare quei suoni cosi’ ruvidi e distillare qualcosa il piu’ possibile dolce e seducente avendo sempre a cuore un approccio melodico, se vogliamo pop, alla musica che compongo. Se in “Cacophonorgy” giocavo con la natura stessa del rumore in Vostra Signora ho voluto piegare il rumore alle mie intenzioni fino al punto di riuscire a non farlo sentire tale ma piu simile, che so, al fruscio delle foglie o al mare o al verso di qualche uccello o altro animale. Quando mi metto al cacophonator metto in registrazione contemporaneamente il mio impianto di home recording  perché, originando la mia musica tutta dall’improvvisazione, voglio poter recuperare nel caso  esca  qualcosa che può’ essere usato per creare qualcosa anche nella forma canzone, non voglio perder niente.  Lavorando con questa modalità’ ho accumulato tantissimo materiale, registrato gia ad alto livello possedendo una strumentazione professionale, e mi ritrovo quindi a fare una selezione e via via scegliere che strada intraprendere per un eventuale disco. E’ uscita in piattaforma digitale una raccolta di due suite di circa 15 minuti l’una, Kalì e Chantico, quelle ad esempio sono due lunghe impro che ho selezionato da materiale registrato e ufficializzato come tali. In “Vostra Signora” ci sono sia delle piccole impro di breve durata ma anche delle composizioni nel senso più classico del termine che ho lavorato e composto partendo da materiale nato in sessioni di improvvisazione, recuperato, analizzato e risuonato.  Siccome desidero poter fare dal vivo ciò’ che registro e ufficializzo, anche in quel caso mi metto in condizioni di poterle eseguire  senza sovraincisioni. “Vostra Signora del Rumore Rosa” è tutto suonato e registrato in diretta senza sovraincisioni. Sto selezionando il materiale del prossimo disco e sarà’ ancora una piccola svolta in quanto sto giocando molto con elementi di psicoacustica  dando ampio spazio alla suggestione melodica accennando in maniera non esplicita e lasciando all’ascoltatore, al cervello, il compito di completare il quadro sonoro, la composizione. Mi piace l’idea che sia l’ascoltatore stesso a partecipare  alla composizione, un po come tracciare delle linee e lasciare che sia la fantasia e la mano di chi osserva a completare il disegno.
Più’ mi ci dedico più mi rendo conto che la mia macchina è, a dispetto di quanto pensavo all’inizio, molto versatile, credevo di fare un solo disco e poi smettere per non ripetermi ed invece mi ritrovo sempre a scoprire qualcosa di nuovo, quello che è una carenza di mezzi si svela poi uno sprone a sfruttare al massimo lo spettro sonoro e “il gesto” come dici tu. Il gesto è molto importante, ribaltare la prospettiva, utilizzare uno strumento impugnandolo diversamente esita inevitabilmente in qualcosa di nuovo e inaspettato. Questo è il cacophonator secondo me, esser costretti a fare musica, ad esprimere qualcosa, con un oggetto del tutto nuovo e non convenzionale del quale c’è tutto da imparare e scoprire, ipertrofizzare l’immaginazione e inventarsi delle soluzioni per raggiungere  un obbiettivo.

Trovare la forza spuria all’interno dei linguaggi artistici richiede un gran lavoro, dedizione, anche solo come vaglio di ciò che si è prodotto…di norma, quanto lasci “riposare” il materiale registrato prima di ascoltarlo?
Sono molto maniacale per tutto quello che riguarda la musica e direi, soprattutto, intransigente  con me stesso. Non accetto l’idea di fare qualcosa che almeno non soddisfi uno o tutti  questi requisiti: che sia di intrattenimento, che abbia un’idea valida di partenza, che sia originale, questo fino a qualche tempo fa mi portava ad analizzare ogni cosa, ogni dettaglio, facevo le pulci a me stesso e questo  mi induceva a riascioltare e riascoltare il mio materiale quasi allo sfinimento col risultato che a poco a poco mi abituavo ad esso e non riuscivo piu a giudicarlo in maniera distaccata e imparziale, per questo motivo da un po di tempo a questa parte adotto un modo di lavorare del tutto differente, un metodo che applico anche con la mia band Lovexpress. Porto avanti  piu’ idee o composizioni contemporaneamente, registro vario materiale e dedico per ogni sessione di lavoro poco tempo per riascoltarlo in questo modo il mio orecchio non si assuefa ad esso e il mio ascolto risulta essere sempre quasi come un primo ascolto, se continua a piacermi vado avanti a lavorarci ma quando seduta  dopo seduta vedo che il materiale in questione esaurisce la sua crescita spontanea o addirittura non mi piace quello che ascolto allora mi impongo di non perdere piu tempo a correggerlo, lo abbandono anche se contiene qualcosa di interessante e attacco con nuove idee. Per come sono fatto è una vera violenza che faccio a me stesso, parte di me dice di metterci mano e “aggiustarlo” l’altra parte mi spinge a cestinare e a passare ad altro, mi ritrovo quindi nell’arco di qualche mese ad avere ultimato piu composizioni contemporaneamente ma soprattutto, ascoltandole, so che mi piace veramente cio’ che ho fatto.

Il disco con Gianni Mimmo come arriva? Te l’ha chiesto lui di fare qualcosa assieme? Vedo dai credits che le sessions tra voi due sono andate avanti quasi un anno (Settembre 2018 – Agosto 2019).
Gianni lo conobbi molti anni fa quando un amico comune mi disse che andava a registrare una sua session in solo in una chiesa qui a Pavia, mi piacque tantissimo, quando non riesco ad incasellare un musicista in un genere questi ha gia tutto il mio interesse e Gianni da questo punto di vista mi sembra formidabile, ci sentii la contemporaneità’, il lirismo dello stile classico e un tipo di improvvisazione molto moderna, che mi ricordava molte cose della no wave newyorkese. Dopo quel giorno non ci siamo piu’ visti ma quando iniziai a realizzare che il  cacophonator poteva esser sfruttato anche per un lavoro in ensamble con altri musicisti, subito mi venne in mente Gianni,  andai a bussare al suo studio e nel presentargli il cacophonator  gli chiesi di dare un occhio  ad un filmato in cui facevo una performance in solo. Dopo ancora uno o due incontri in cui ci siam trovati solo a chiacchierare di musica decidemmo di provare a fare qualcosa assieme, quindi con scadenza piu o meno settimanale ci trovavamo presso il mio studio a suonare e quindi anche a registrare avendo tutto pronto per quello, registravo solo per capire cosa succedeva, siamo andati avanti cosi appunto per un anno giusto per il piacere di trovarci a suonare;  ad un certo punto ci siam detti che poteva esser venuto il momento di registrare e cercavamo di capire se potevamo farlo in una chiesa, uno studio o altro, se non che un giorno abbiamo riascoltato buona parte del nostro materiale e abbiamo realizzato che quello che cercavamo era già li, tutto registrato bene nel mio hard disk, ore e ore di materiale, parte scadente , parte buono e parte talmente soddisfacente da poter  farne una selezione e ufficializzarlo, altre impro sono state ulteriormente analizzate e studiate  come composizione, abbiam definito per loro un canovaccio, dei riferimenti, e abbiamo dedicato loro un altra session di registrazione, il tutto poi è stato ufficializzato come Rumpus Room.

Sei stato molto esaustivo, grazie. Ti lascio con un ultima domanda. Secondo te, di cosa abbisognerebbe tutto questo arcipelago di musiche altre per crescere, prosperare? Più persone che “raccontino” ciò che sta dietro i dischi e chi li fa? Spazi dove suonare? Che altro?
E’ una domanda molto interessante, penso alla mia esperienza personale e a tutte le volte che mi sono entusiasmato per una musica e che ho sentito l’irrefrenabile desiderio di approfondire e dedicare del mio tempo a conoscere a fondo un artista o un particolare genere musicale. Ebbene, il comune denominatore era un qualcosa che andava oltre il semplice ascolto, bensì’ era conoscere un insieme di attributi che completavano l’artista e l’opera . Attributi che si riferiscono ad un’idea di base forte che voleva esser elaborata sviscerata ed espressa. Più’ un genere musicale si allontana da ciò’ che è melodia e armonia a cui facilmente l’orecchio è abituato e arriva a territori in cui la modalità’ espressiva passa attraverso l’utilizzo di canoni differenti se non addirittura sconosciuti, più’, per poterlo  apprezzare ed innamorarsene deve essere compreso, ecco quindi che solo la conoscenza e comprensione dell’idea  o del  concetto alla base dell’opera , direttamente ad essa  correlata,  renderà’ l’esperienza completa, appagante ed entusiasmante, allora, per estremizzare e semplificare al tempo stesso  il concetto: solo se  conosco l’idea che sta dietro a 4:33 di John Cage posso apprezzarne la sua valenza musicale. Questo che scrivo è per sottolineare che per quanto riguarda queste musiche che definisci “altre”  la cosa forse più’ importante di cui hanno bisogno è che possano esser comprese nella loro interezza e non solamente  come esperienza di ascolto, guadagnandosi di conseguenza l’attenzione di un pubblico sempre più’ attento e, soprattutto, consapevole.  Per concludere forse necessitano, più’ di altre, di esser raccontate.

 

LUCA COLLIVASONE & GIANNI MIMMO Rumpus Room – CD/LP (Amirani)
Approfondire e ampliare il campo espressivo attraverso l’indagine sui suoni vivi, che escono al momento. È così che l’album realizzato da Collivasone al cacophonator e Gianni Mimmo al sax soprano crea la sua aura. La pasta è ben stesa, niente grovigli ansimanti. Tanto che, a volte, la sensazione è quella di trovarsi davanti ad una asciuttezza disturbata e fuori rotta. L’apertura è il sangue che ri-affluisce nell’arto indolenzito a poco a poco: bolle solforose di suoni dal cacophonator e sax strisciante, alle prese con un duello tra nubi e sole in cui nessuno ha la meglio (“Township Ecstasies”). Poi uno sguardo scintillante si accende e le pieghe della materia cominciano ad esser un pelo più percepibili, concrete (“Whirling Semà”). Segue una cosa spacey da calma montante/forza trattenuta in sintonia con la Radiophonic Workshop (“Swooning Benefit”), che a me me ha ricordato il primo momento in cui si viene a contatto con l’aria gelida dopo esser stati al calduccio tutto il dì. La scaletta a questo punto ci riserva il primo pezzo dove il dialogo tra i due strumenti è meno aereo ed ipotizza soluzioni diverse dal rilascio destrutturato (“As You Certainly Know”). A seguire una girandola di suoni con il lato della cucitura rivolto verso l’esterno, e con tanto di voci su nastro velocizzate che mimano brividi lungo la schiena (“Nattmara”). Sosta brevissima nell’umore della precedente dissertazione (“Severe”) prima di riprendere il cammino e concludere con gli ultimi due pezzi, dal sapore hauntologico e tesi a sondare fragilità notturne (“Beyond Turbulence” e “Longing Of A Dragonfly”)